Recensione in Psycho

Finalmente la trilogia si è chiusa, finalmente le intuizioni, le premonizioni celestiali e demoniache volgono ad una loro risoluzione. Stiamo parlando del terzo atto degli Elend, progetto franco-austriaco del polistrumentista Iskandar Hasnawi e della soprano Nathalie Barbary; se “Leçons de Ténèbres” simboleggiava la disperazione e “Les Ténèbres du Dehors” incarnava la ribellione, il risolutivo “The Umbersun” porta alle estreme conseguenze tale scontro, esplicando la morte. Anche sotto il profilo musicale il percorso segue le orme della tematica che lo caratterizza, risultando ancor più oscuro e goticheggiante rispetto al passato. Ovviamente il cambio che li ha portati ad una label economicamente più importante, dalla Holy Records alla quasi-major Music for Nations, ha garantito agli Elend un maggior lavoro in sede di produzione: quindi la strumentazione di un’orchestra post-romantica rimane tale, ma gli strumenti “reali” e non espressi tramite la tastiera sono decisamente aumentati, le partiture vocali soliste da soprano sono ora tutte affidate alla Barbary, poiché Eve-Gabrielle Siskind non è più della partita, mentre Hasnawi ha reinserito, in modo sempre più accattivante ed oscuro, i suoi screma, affiancandoli però a momenti melodici e “puliti” in odor di Dead Can Dance. La novità più entusiasmante consiste nella presenza della Joyful Company Of Singers, un coro di trenta membri specializzato in compositori del ‘900, specialmente Holst, Harvey e Grainger, che si mostrano versatili sia in canti da “Ars Nova” sia in momenti dodecafonici. Immancabili le influenze classiche più disparate, da Bach a Monteverdi, da Purcell a Grieg, con la parsimoniosa presenza di alcuni elementi percussivi, altro parziale elemento di novità. Non vi fate spaventare da nomi altisonanti sopraccitati, ma prendete “The Umbersun” e tutta la trilogia dell’Officium per quello che rappresenta: un capolavoro di musica del nostro secolo.

9/10
Psycho! Maggio 1998