Recensione in Benzoworld

La quiete dopo la tempesta. Ritornano gli Elend, progetto frutto indiscusso delle menti ed anime di Iscandar Hasnawi e Renaud Tschirner (con l'aiuto di Sebastien Roland ), che con Winds Devouring Men, danno alle stampe un lavoro di assoluto spessore (non solo musicale) che trova nella spiritualità la sua vera chiave di lettura. Dopo tre album ambiziosi (più l'excurse "Wipping Night") che hanno avuto come punto di partenza il Paradiso Perduto di Milton (Leçons The Ténebrès prima e Les Ténebrès au Dehours poi) si è venuto filosoficamente a creare un immaginario percorso mistico religioso conclusasi con l'apocalittico "The Embersun", gli Elend entrano in una seconda giovinezza compositiva, ossia Winds Devouring Men. Se precedentemente lo stile neo-classico contemporaneo, con tanto di intera orchestra in formazione e un coro che declamava la fine dell'uomo attraverso il sacrificio ultimo, dipingeva scenari forti e di non certo facile lettura a chi non avesse avuto almeno un vaga idea di cosa significasse arrangiamenti polifonici e contrappunti vocali, con questo nuovo lavoro, come dalle ceneri del mondo precedentemente distrutto, si levano ora atmosfere molto più rilassate, ma non per questo prive di patos e umori di profondo sconforto interiore, come solo il suono degli archi possono dare. Solide strutture operistiche, con forti richiami alla musica da camera di spesso rigore formale, con l'utilizzo di ritmi marziali mai fuori luogo o ridondanti, sono il punto forte di Winds Devouring Men, che con la parte vocale ora solo ad appannaggio di Renaud Tschirner (coadiuvato anche dagli altri musicisti coinvolti, chiaramente) rendono l'album fortemente intimista, ricco di chiaroscuri, ma difficilmente per questo scontato, anzi. A questo poi si devono aggiungere alcuni passaggi, mi si perdoni il termine, gotico-apocalittici a tratti e di pura matrice industriale nei clangori di fondo che rendono ulteriormente la trama delle canzoni spiazzanti e di forte valore simbolista, che associati alle liriche rendono la fruibilità ostica, ma incredibilmente articolata e ricca di spessore. Mi rendo conto che ho faticato parecchio per entrare in sintonia con l'apparato sinfonico elaborato dagli Elend di oggi, ma è stata una fatica che ho fatto volentieri, in quanto la qualità dell'insieme è di un livello tale, che non credo si possa più considerare un prodotto per i soli "addetti ai lavori". Certo, trattandosi di un lavoro molto concettuale, necessita di numerosi ascolti per poter cogliere appieno tutte la potenzialità e i lati nascosti di Winds Devouring Men, ma direi che ne vale veramente la pena. Credo in effetti che non ci siano molte formazioni a livello europeo che possono essere affini al discorso Elend, se non puramente a livello estetico o concettuale. Da un punto di vista puramente artistico mi auguro che album di questa caratura sboccino come fiori, poiché è arrivato il momento di cercare maggiormente la qualità piuttosto che la pura economia di mercato, cosa che ha soffocato in passato tante, troppe formazioni di valore assoluto, Dead Can Dance tra tutti, (may they rest in peace). Inutile citare canzoni potenziali, il lavoro è nella sua totalità ed integrità che raggiunge il suo apice. Che i venti siano propizi..

D666