Recensione in EUTK
Non c'è che dire, gli Elend sono davvero una band unica... I loro esordi risalgono al 1994, anno in cui è uscito l'album "Leçons de ténèbres", che rappresenta la prima parte di una trilogia chiamata "Officium tenebrarum". Quest'ultima comprende anche "Les ténèbres du dehors", pubblicato nel 1996, e "The umbersun", del 1998. Per circa cinque anni non si è saputo più nulla del gruppo, ma nel 2003 esso è finalmente tornato sulle scene con un disco molto bello intitolato "Winds devouring men", che inaugurava un altro ciclo (stavolta di cinque cd!) chiamato "Winds cycle". Nonostante sia passato poco tempo la formazione franco-austriaca ci propone già il suo nuovo lavoro, che a dire il vero ci mette ben poco a convincere e a impressionare... Si tratta infatti di undici brani abbastanza diversi da quelli del precedente album (che era più rilassante e intimista), definiti dagli Elend stessi come i più "violenti" mai composti nella loro carriera! Chiaramente tale termine va preso con le molle e va interpretato tenendo in considerazione quale è il genere proposto da questo ensemble, vale a dire musica classica/atmosferica che talvolta ha qualche vaga somiglianza con certe cose dei Dead Can Dance. Parlando di "brutalità" si fa quindi riferimento a sonorità particolarmente fragorose e d'impatto prodotte da strumenti classici, che sono stati suonati da un nutritissimo gruppo di persone (si parla di più di cinquanta elementi!). Le tracks sono molto particolari, perché alternano le parti appena descritte con altre molto più calme e rassicuranti. Esempi perfetti di questo dualismo sono pezzi come "The hemlock sea" o "La terre n'aime pas le sang", nei quali c'è uno stacco nettissimo tra i momenti più "furiosi" (nel primo dei due episodi prevalgono decisamente le percussioni, nel secondo invece gli archi) e quelli in cui il suono si fa più dolce e, in certi casi, quasi rarefatto. Non posso che esprimere la mia ammirazione nei confronti di questi artisti, non solo perché ci hanno sempre proposto materiale di ottima fattura, ma soprattutto perché non hanno mai percorso strade "facili" o cercato il successo a tutti i costi. Quello che troverete in "Sunwar the dead" è qualcosa di diverso da tutto ciò che normalmente si sente in giro, un sound ricco di fascino ma per certi versi sconcertante, anche perché in questo caso specifico la band sembra esser riuscita a creare una sorta di incrocio tra musica classica e dark-ambient!! Un ascolto consigliatissimo...